L’età dell’ansia: tra depressione e New Deal. Il jazz negli anni ’30

L’età dell’ansia (la definizione è dello storico Michael E. Parrish, autore del bel libro L’età dell’ansia. Gli Stati Uniti dal 1920 al 1941, Il Mulino, 1992 è la rappresentazione sintetica ma abbastanza efficace per descrivere il periodo che va dalla caduta di Wall Street nell’ottobre del 1929 all’attacco di Pearl Harbour del 7 dicembre 1941, date significative e importanti per la storia degli Stati Uniti, e non solo. Il passaggio brusco dai roaring Twenties, caratterizzati da uno sviluppo sfrenato fatto di progresso economico e innovazione, sfruttamento e spensieratezza, ma anche e soprattutto di speculazioni, sovraproduzione, miopia politica e scelte scellerate, alla Grande Depressione degli anni ’30,  un lungo periodo caratterizzato da povertà e insicurezza, è certamente un evento epocale che ha inciso non solo nella Storia dell’Occidente ma, ovviamente, anche sullo stato delle arti e della cultura in generale. Paradossalmente, per quanto riguarda il jazz, gli anni ’30 hanno rappresentato da una parte il compromesso con il mondo della canzone commerciale, con l’annacquamento per certi versi di alcune caratteristiche di fondo della musica afroamericana, non ultimo l’emergere della componente bianca quale elemento trainante, ma allo stesso tempo ha portato il jazz ad essere una musica autenticamente popolare, di massa, con un successo enorme che ha permesso non solo la sopravvivenza di migliaia di musicisti in un periodo di dura crisi, ma anche la possibilità poi di continuare ad evolversi e a trasformarsi.

L’esplosione del fenomeno delle orchestre, e l’estrema professionalità nel produrre musica di largo consumo, fu tratto saliente degli anni ’30 del jazz, e trainò la musica afroamericana nella modernità, dandole una serie di caratteristiche che poi saranno fondamentali per il prosieguo del jazz. Primo fra tutti l’elemento ritmico: da una concezione verticale, spesso fondata su tempi binari, 6/8 o 2/4, ancora legata al retaggio bandistico, si passa ad un approccio orizzontale, un 4/4 regolare utile per far ballare il pubblico e gli ascoltatori, ma anche essenza ondulatoria (lo swing) di una musica che faceva del ritmo (e della ritmica) la stessa sua ragion d’essere. Da questo punto di vista si avviano anche alcune trasformazioni strumentali, come l’emergere della batteria così come la conosciamo oggi, o l’abbandono del basso tuba in favore del contrabbasso pizzicato. Ma anche l’abbandono di strumenti quali il banjo, o il sassofono basso, che appesantivano l’esecuzione musicale e ne impedivano l’evoluzione in senso swing. Altro elemento importante fu lo sviluppo della scrittura e dell’arrangiamento, grazie anche ad un livello musicale più elevato, sia degli esecutori, in grado di leggere e di improvvisare, che dei compositori/arrangiatori, con gli studi dell’armonia classica occidentale applicati al jazz. Ma è da qui che poi si formerà il corpus di nozioni, regole e applicazioni della cosiddetta armonia jazz che poi sarà patrimonio comune di tutti i jazzisti (e non solo) dagli anni ’40 in poi.

È in ogni caso curioso che ad un periodo così difficile dal punto di vista economico e sociale, con disoccupazione, crisi ed emarginazione, corrisponda una musica che fa dell’entertainment la sua linea guida, della spensieratezza e del divertimento i suoi caratteri essenziali. Ma per certi versi è abbastanza naturale che in periodi del genere la società abbia voglia di dimenticare le difficoltà di tutti i giorni e chieda alle arti, e alla musica in particolare, solo di divertirsi. Ovviamente, come per tutte le mutazioni artistiche, e del jazz in particolare, non c’è uno stacco netto, una precisa data d’inizio del cosiddetto periodo swing, ma piuttosto un’evoluzione, anche decisa in alcuni casi, verso la nuova estetica. Come dicevamo prima un elemento fondamentale è il passaggio da una concezione ritmica binaria ad una quaternaria, e questo si nota in tutte le orchestre allora in attività, tra la fine degli anni ’20 gli inizi degli anni ’30. Sia la “bianca” Casa Loma che quella “nera” di Fletcher Henderson avviano questa rivoluzione che intorno al 1932 sarà in gran parte definita. Ma anche lo sviluppo degli arrangiamenti, così come quello dell’allargamento delle formazioni, avviene intorno a quegli anni. L’orchestra di Duke Ellington, ancora al Cotton Club ma in procinto di avventurarsi in Europa per la prima volta, si stabilizza proprio nel 1932 con i sei ottoni (tre trombe e tre tromboni), le quattro ance (sassofoni e clarinetti), la ritmica (piano, chitarra, contrabbasso e batteria) e la cantante. A fronte di una crisi acuta, lo stato della musica jazz sembra sì risentirne, con un taglio netto delle sedute di registrazione così come dei concerti, ma allo stesso tempo si attrezza proprio per far fronte al difficile periodo. È da qui che nasce il compromesso con il mondo delle canzoni leggere, i brani di successo, che vengono variamente ammantati di un pallido colore jazz, ma che servono per poter catturare un pubblico che ha solo voglia di dimenticare le terribili condizioni di vita. I repertori della totalità delle orchestre, bianche e nere, saranno pieni di ballabili e sweet songs alternati a brani strumentali più propriamente jazz. E’ proprio questo compromesso che porterà la musica afroamericana al successo popolare, diventando di fatto la colonna sonora di questi tribolati anni ma, in parte, anche di quelli immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale.

Cronologia

 24 e 29 ottobre 1929. Crollo Borsa di Wall Street. Sovrapproduzione. Politica protezionista. Speculazione. Espansione creditizia. Concentrazione della ricchezza. Assenza di intervento e controllo statale

1932 Dodici milioni di disoccupati. Crisi acuta.

1932 6 milioni di dischi venduti. Nel 1927 erano stati 104

1932 Maturazione linguaggio artistico delle big band. Swing.

1932 Orchestra di Duke Ellington a pieno organico: 14 strumentisti e una cantante. Sei ottoni (tre trombe e tre tromboni), quattro ance (sax e clarinetti), ritmica (piano, chitarra, contrabbasso e batteria). Iniziano a viaggiare per gli Stati Uniti e in Europa.

8 novembre 1932. Vittoria del candidato democratico F. D. Roosvelt sul repubblicano E. Hoover.

3 marzo 1933. Insediamento di Roosvelt. New Deal. Sostegno imprese in difficoltà. Ampio programma di lavori pubblici. Aiuti ai disoccupati. Conservazione ricchezze naturali. Arricchimento patrimonio culturale. Controllo banche e mercato azionario.

Dicembre 1933. Fine del proibizionismo.

1934 Programma radio Let’s Dance con Benny Goodman.

Fine 1934. Fletcher Henderson inizia la collaborazione con Benny Goodman, grazie a John Hammond.

1935 Rivolta di Harlem

Agosto 1935. Trionfale concerto dell’orchestra di Benny Goodman alla sala da ballo Palomar di Los Angeles

1936/37 Rielezione di Roosvelt e secondo mandato

16 gennaio 1938. Concerto dell’Orchestra di Benny Goodman alla Carnegie Hall. Ospiti: Count Basie, Lester Young, Johnny Hodges, Cootie Williams, Harry Carney.

1939 Arresto di Tom Pendergast, potente politico di Kansas City.

1939/40 Billy Strayhorn inizia la sua collaborazione con Duke Ellington.

1940/41 Rielezione di Roosvelt e terzo mandato fino al 1945.

7/8 dicembre 1941. Attacco di Pearl Harbour. Entrata in guerra degli Stati Uniti.

1942/44. Sciopero del Sindacato dei Musicisti. Niente registrazioni discografiche (a parte i V-Disc, dischi per le forze armate).

1943 Rivolte afroamericane di Detroit e Harlem.

Dicembre 1944. Morte di Glenn Miller.